La libertà di stampa, l’indipendenza dalle pressioni, la capacità di rappresentare i fatti con obiettività. Temi al centro della serata in interclub che ha visto la partecipazione di Inner Wheel, Soroptimist, Rotary Club Rimini e Rotary Club Rimini Riviera.
Ospite Carlo Andrea Barnabè, vicecapo servizio del Resto del Carlino alla redazione di Rimini e da circa vent’anni giornalista professionista, profondo conoscitore del territorio ma anche apprezzato in altri ‘mestieri’ come l’autore televisivo e lo scrittore di libri.
Un’occasione ghiotta per ascoltare il punto di vista di chi ogni mattina deve esercitare la propria autonomia di fronte a fatti e informazioni che per un verso o per l’altro facilmente possono generare condizionamenti.
La vicenda drammatica dell’attentato terroristico alla redazione di Charlie Ebdo ha introdotto un ulteriore elemento di analisi, quella cioè che riguarda il tema della religione.
Barnabè ha ricordato quanto siano differenti le posizioni in campo, come gli stessi media abbiano reagito di fronte allo stesso fatto, di come la stessa legge lasci aperte soluzioni differenti. Dalla agenzia Associated Press che ha cancellato le vignette dai propri archivi, ai giornali americani che generalmente hanno evitato di riproporle, cosa che invece non è accaduta in Europa.
Ma alla base di tutto, inevitabilmente, c’è la risposta alla domanda di fondo: tutto è pubblicabile, tutto è possibile dire, a patto (come ricorda la legge) di non diffamare? Ma sullo stesso concetto di diffamazione, in effetti, l’interpretazione è ondivaga. Per stare ai fatti di Parigi, ciò che non era reato prima (l’attività dell’attore francese Dieudonné) è subito diventato apologia di terrorismo dopo le morti nella redazione del giornale satirico francese. Quando nel dibattito entra la religione, tutto si complica inevitabilmente. Papa Francesco ha ammonito sul contenuto giornalistico o satirico che offende una religione. Già, ma come stabilire un confine? Per Barnabè è assai complicato stabilirlo perché la soglia dell’offesa è alta o bassa a seconda delle persone. Meglio allora lasciare totale libertà di espressione, salvo la cautela contro la calunnia e la diffamazione.
“Ricordiamoci sempre che Charlie Ebdo è un giornale – ha detto Barnabè – che una persona acquista, decide di leggere, non è sbattuto in faccia al lettore con le sue vignette”.
Il condizionamento della stampa è comunque attività antica: Luigi Albertini dovette dimettersi dal Corriere della Sera perché inviso al regime fascista; oppure Mattei decise di fondare un giornale (Il Giorno) affinché potesse disporre di un’arma per ribattere agli attacchi che gli venivano portati dai media.
“Oggi credo proprio che l’unico condizionamento possa arrivare dal mondo economico e se vogliamo dagi grandi inserzionisti, che hanno un ruolo sempre più importante in un mercato delle vendite e della pubblicità in grave difficoltà. Non credo al condizionamento della politica, che invece è più bistrattata che apprezzata, più criticata che assecondata. Forse, solo ormai alla RAI tale condizionamento è evidente, ma lì la politica o il Governo – per dirla alla Bruno Vespa – sono l’editore di riferimento. E’ una libertà guadagnata con sentenze e sacrifici, è una conquista sociale irrinunciabile. Non c’è una università che insegna a diventare giornalisti con la schiena dritta. Se una persona è portata a genuflettersi, anche nel nostro mestiere tenderà a farlo. Preferisco allora rifarmi all’episodio relativo all’intervista di Oriana Fallaci a Khomeini, quando disquisendo sul velo che deve coprire il capo delle donne, Khomeini disse che non portarlo era segno di poca serietà. La Fallaci se lo tolse e costrinse Khomeini a fuggire via per non vedere”.