Crostini per antipasto, tagliatelle e ravioli o cappelletti con ripieno di formaggio come primo, un galletto ruspante come secondo oppure uno stracotto di manzo ben speziato come secondo, cantarelle come dessert. Pesce e Arrosti misti? No.
Arriva in coda alla serata con Piero Meldini un menu rispettoso della tradizione culinaria riminese, preceduto da una dotta relazione che ha letto i mutamenti del mangiare quotidiano nella storia, datando a inizio ‘800 il periodo dal quale è corretto parlare di piatti tradizionali.
“Quando sento parlare di tradizioni nate nella notte dei tempi – ha spiegato lo scrittore riminese, 26 anni alla guida della biblioteca gambalunghiana e scrittore di cinque romanzi di seccesso – mi scappa da ridere. Un piatto dove c’è del pomodoro non può essere antecedente al ‘700. I piatti sono databili, basta guardare cosa c’è dentro. Ovviamente cambia il modo di cucinare quei prodotti. Dei cappelletti si legge ad inizio ‘800, idem per i passatelli”.
Più spinosa la genesi della piada.
“C’’è chi la fa risalire ad epoca romana, poi ne ha scritto Pascoli, ma credo sia corretto far riferimento agli scritti del ‘500 e poi successivamente a ciò che si mangiava nella grande carestia del 1636”.
E allora, per ‘leggere’ la gastronomia nella notte dei tempi?
“Morfologia del territorio e storia ci aiutano a conoscere la cultura della cucina. Tanto più in Italia, possiamo dire che ‘mangiamo geografico’. Il paesaggio così vario, la complessità storica della penisola ne determinano i costumi. Il rischio ora è quello di seppellire tutto sotto l valanga della globalizzazione. Oggi mangiamo sempre di più piatti ‘figli di nessuno’.
Per quanto riguarda Rimini, il suo posizionamento in un territorio climaticamente favorevole ha fatto in modo che fosse abitato dal paleolitico. I terreni fertili e i conseguenti prodotti di qualità hanno fatto il resto. Le alterazioni gastronomiche sono spesso conseguenti ai disastri del meteo e alle conseguenti carestie”.