Nel disordine mondiale che stiamo vivendo dopo la pandemia,
la cultura della difesa riscopre nuovi, anzi vecchi, paradigmi.
Una relazione di grande interesse quella di Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Community e consulente del Governo sui temi strategici riguardanti il valore delle materie prime in relazione alla stabilità del Paese, ma anche all’impatto che hanno sull’equilibrio dell’economia globale.
"La cultura della difesa è in stretta relazione con la
protezione del tessuto sociale – ha detto Torlizzi in apertura di relazione –
ed è una consapevolezza recente che il nuovo scenario globale post pandemia ha
generato. Dopo la seconda guerra mondiale, la nostra area geografica ha vissuto
un lungo periodo di crescita e ammodernamento, escludendo dalla propria
quotidianità conflitti che non ci hanno più riguardato, trovando un equilibrio
fra finanziarizzazione e delocalizzazione e una propensione allo sviluppo che
pareva ovvia.
La pandemia è stato il primo campanello d’allarme, sia a livello psicologico – in particolare sui più giovani – ma anche perché abbiamo improvvisamente scoperto problemi che non pensavamo di avere. E’ diventato complicato approvvigionarsi di mascherine, ad esempio. Per decenni ci siamo dedicati ad una economia ‘pulita’, lasciando ad altri Paesi l’onere ‘sporco’ della produzione. La conseguenza è che ha preso quella direzione anche l’approvvigionamento di materie prime. Poi la guerra in Ucraina, improvvisamente così vicina, ma anche quella recente scoppiata in Medio Oriente, ci hanno posto davanti ad uno scenario nuovo: ok la finanza, i mercati, la finanza, l’ordine mondiale magari garantito da altri, ma la guerra è battaglia sul campo, corpo a corpo. Abbiamo improvvisamente capito che non potevamo – se parliamo di difesa del Paese – lasciare indietro la produzione di armi e di munizioni, financo di carri armati e di aerei. Per produrli servono materie prime, un processo industriale adeguato, che pensavamo di non dover più utilizzare. Abbiamo imparato che chi ha materie prime e che le controlla, ha un predominio".
Poi Torlizzi ha virato su un’altra dimensione del tema: "Dagli
Usa è partita una insofferenza forte della classe media, penalizzata da questi
scenari nuovi. Da lì è anche partito l’utilizzo della leva fiscale per dare
respiro all’economia. Negli Usa questi stimoli fiscali hanno riguardato cinquemila
miliardi di dollari, la prima volta di un tale e massiccio intervento. Altri
Paesi hanno seguito le orme, da noi il 110% è un esempio. Ciò ha creato
difficoltà alla catena produttiva, i prezzi sono saliti, le materie prime hanno
cresciuto il loro valore strategico.
E assistiamo ad una regolazione delle forniture, sulla base degli interessi dei Paesi. Leggerei così l’azione russa sul gas, ma anche purtroppo i dannosissimi sabotaggi alle reti di distribuzione. Idem la Cina, che usa le materie prime come armi geostrategiche. Sono azioni tese ad indebolire gli avversari".
Infine la stoccata: "Davanti a questo scenario, l’Unione
Europea è debole e frammentata. Ogni Paese rivendica appartenenza e poi gioca
la propria partita per tutelarsi innanzitutto per sé. Ecco perché parlare di
difesa del Paese oggi è un ragionamento obbligatorio. Diamo per scontate cose
che non lo sono. Abbiamo gas ed elettricità e ci pare ‘dovuto’, non è così perché
il disordine mondiale può generare ogni giorno un accadimento che mette alle
corde le nostre certezze. Difendere il Paese non è soltanto riconducibile a
produrre armi e munizioni – su questo sarebbe bene lavorare come UE - ma una
strategia precisa di protezione dei nostri interessi, e sullo sfruttamento
delle materie prime che anche noi abbiamo, magari sotto il terreno di un’oasi
naturale.
L’Unione Europea s’è arroccata su un tema: lotta all’innalzamento climatico, dandosi target impossibili e sui quali i grandi players industriali stanno tornando indietro. Credo più vantaggioso concentrarsi su un equilibrio fra energie, pulite e tradizionali, abbandonando atteggiamenti ideologici che non considerano gli effetti collaterali. L’imperialismo etico e morale che vuole affermare l’UE, non è efficace in uno scontro mondiale fra USA e Cina sempre più stridente. Sono all’orizzonte nuovi shock, le materie prime saranno terreno di contesa sempre più aspro e dentro a questo scenario serve pragmatismo e ricerca di un ruolo strategico. Ripeto: godiamo di diritti che crediamo scontati, lo abbiamo pensato per decenni, ma non è più la realtà. Quindi vanno difesi".
Grazie al Socio Andrea Albani per l'organizzazione della serata.