Le smart cities sono le città intelligenti. E come tutti quelli che sono intelligenti, mostrano il meglio quando recepiscono la realtà e la traducono in azioni utili.
Funziona, dovrebbe funzionare così anche nei territori amministrati, grazie alla potenza della tecnologia disponibile in sovrabbondanza, in grado di fornire informazione elaborando l’enorme mole di dati generata dalla connessione diffusa.
Sul tema è intervenuta ieri sera Cristina Farioli, nel corso di un interclub con il R.C. Riccione Cattolica e Round Table.
La manager, attualmente director of marketing communication & citizenship di IBM Italy, ha ricordato come il colosso sia ormai avulso dal comparto dei computer, mentre la sua occupazione è ora quella di fornire servizi innovativi e innovazione.
Intanto lo scenario, un autentico tsunami di dati: ogni giorno 2,5 bilioni di giga byte vengono prodotti. Ce né per riempire tanti cd che impilati possono arrivare su Marte e tornare sulla Terra. Ogni giorno.
Nel mondo, un trilione di oggetti è connesso con internet ed è evidente quanto tutto questo sia in grado di produrre in termini di sati.
Basta ordinarli, ripartirli per la necessità particolare e trarne indicazioni, magari per governare meglio un territorio. Un lampione, un semaforo, tutto raccoglie potenzialmente dati.
Per farci cosa? A Pisa per monitorare e ordinare i flussi turistici, a Nettuno per aiutare i disabili a muoversi nella città verso accessi facili, a Bolzano per gestire la domanda di assistenza agli anziani, a Bari per consentire ai pescatori 2.0 di pescare in mare quanto già venduto a terra, oppure di programmare le colture di pomodori in base alle previsioni di pioggia. Ogni individuo genera in una vita 1,1 milioni di giga byte… provate a moltiplicare.
E allora dove tutto si ferma? Burocrazia, indolenza, visione ristretta, mancanza di soldi… ce n’è per i burocrati, per gli amministratori,per i cittadini poco ricettivi, per le leggi che ingessano tutto.
Eppure, è stato detto ieri sera, le proposte sono anche quelle solo mirate alla gestione corrente, con l’impegno di spendere le risorse risparmiate e non altre.
"Il limite più evidente – è stato spiegato – è quello che la città viene concepita per settori, spesso coincidenti con gli assessorati".
Insomma, è una battaglia culturale, prima ancora che tecnologica. D’altra parte, di intelligenza si parla.