CRONACA MALATESTIANA DI GIULIANO BONIZZATO - Ignoro se gli angeli custodi assegnati ai ciclisti seguano corsi di addestramento particolari che li mettano in grado di intervenire nelle situazioni più strane e imprevedibili. Il mio, sicuramente è un soggetto dai riflessi fulminei che immagino col casco al posto dell’aureola e una estensione alare superiore alla media. Sono le 12 circa di una calda giornata estiva, del 2005 e dopo una intensa mattinata trascorsa sui pedali sto percorrendo, assieme al mio gruppo cicloturistico, un rettilineo alla velocità di circa trentacinque chilometri orari. Probabilmente a causa della stanchezza commetto l’errore di viaggiare a testa bassa tenendo d’occhio soltanto le ruote davanti a me. Le quali ruote, ad un tratto, compiono una brusca virata. Una automobile, lì davanti, ha frenato improvvisamente ed io, senza neppure rendermene conto, la vado a “tamponare” in piena corsa. Volo letteralmente in aria sopra l’auto, mi rigiro su me stesso, e atterro… in piedi, senza neanche un graffio.
Secondo esempio. 2014. Torno da un lungo giro solitario. Prima di arrivare al garage dove solitamente ricovero il mezzo, devo superare un “gradino” di due o tre centimetri. Gli passo sopra praticamente a passo d’uomo e mi ritrovo col manubrio che, a quel piccolo sobbalzo, si è staccato dal tubo di sterzo. Un caso che si verifica una volta su mille. Cado praticamente da fermo e quindi senza conseguenze. Qui il mio A.C. deve aver sudato veramente sette camicie a tenere assieme i due pezzi per una intera mattinata prima di mollarli, una volta sicuro che non mi sarei fatto nulla. Se fosse successo in una delle tante discese affrontate quel giorno, per di più da solo…Meglio non pensarci.
A proposito, un consiglio. Se vi dovesse capitare quel tipo di rottura ricordatevi di frenare subito. Anche se il tubo di sterzo è scollegato, i freni a cavo funzionano lo stesso e, rallentando la velocità, avrete maggiori probabilità di cavarvela. Secondo consiglio. Fate controllare ogni tanto al vostro meccanico di fiducia sia la “pipa” del manubrio che il tubo di sterzo.
Come avrei dovuto fare io.
Naturalmente mi sono limitato ai due esempi più eclatanti. Le cadute dalla bici, soprattutto in gruppo, a partire dai miei sedici anni, non si contano. Comunque, grazie al mio A.C., me la sono cavata al massimo con qualche escoriazione. Tutto questo fino alla scorsa settimana. Quando ho purtroppo constatato sulla mia pelle che l’addestramento del mio Protettore presenta una vistosa lacuna. Infatti il Corpo Specializzato cui appartiene non ha evidentemente ancora preso in considerazione il pericolo alla circolazione causato dalle anziane signore su bicicletta elettrica. Un fenomeno relativamente recente con conseguente difficoltà, per chi continui “vederle” come le prudenti cicliste di un tempo, a prevederne le fulminee inversioni ad U, i sorpassi al brivido, i tagli di strada, lo zigzagare gioioso, dovuti all’ebbrezza di una velocità sinora riservata soltanto ai campioni del mondo. Ed è stato proprio a causa di una di loro venutami addosso contromano a cinquantasei all’ora (record femminile su pista attualmente detenuto dall’australiana Bridie O’ Donnel ) che la scorsa settimana, andando al lavoro, sono caduto battendo per la prima volta la capoccia.
Morale. Accertata la suddetta mancata Copertura Celeste da parte di un A.C. che forse, per l’età, comincia a perdere qualche colpo, non stupitevi se mi vedrete pedalare col casco anche su una normale bicicletta da passeggio.
Anzi, già che ci sono parto con il terzo consiglio. Mettetevelo pure voi.