Il Socio Luca Garulli ci ha accompagnati in un viaggio all’interno della sala chirurgica di ieri, di oggi e in quella straordinariamente affascinante di domani, che dovrà tendere all’obiettivo di ‘rischio chirurgico zero’.
Il progresso che ha caratterizzato il cuore di un ospedale è leggibile in un passaggio epocale: dal ‘grande taglio’ che caratterizzava gli interventi chirurgici alle moderne tecniche non invasive.
Si tratta di una rivoluzione culturale, i cui vantaggi si riflettono in diversi ambiti. Cambia la vita del paziente, i cui tempi di recupero e della degenza si riducono drasticamente (ed anche i costi per la sanità pubblica).
Chi riceve un intervento di chirurgia laparoscopica ha degenza più breve di un terzo, ha meno infezioni chirurgiche, ha migliori risultati oncologici.
Luca Garulli ha con chiarezza mostrato dei casi nei quali le conseguenze delle due tecniche sono davvero radicalmente diverse. Non solo: ad un intervento è necessario prepararsi con scrupolo, sotto l’aspetto fisico e quello dell’alimentazione. E’ un percorso – all’interno del quale è necessario recuperare un clima di maggiore fiducia fra paziente e medico – che approda ad un risultato straordinario.
Una immagine ha mostrato un paziente quasi novantenne che dopo due giorni dall’intervento era seduto al tavolo a mangiare mentre uno con la metà degli anni era ancora a letti con tubicini ovunque.
In Italia, un tempo leader nella tecnica d’intervento non invasiva, ha progressivamente perso terreno. Solo 30 interventi su 100 vengono effettuati in questo modo.
Il passaggio ulteriore è la tecnologia della quale sono dotate le sale operatorie. L’attore di questa nuova rivoluzione è il robot chirurgico, manovrato anche a distanza dal chirurgo e che rende possibili anche operazioni a distanza. A disposizione, grazie a mini telecamere che accompagnano i moderni ‘ferri chirurgici’, immagini anche otto volte più grandi del reale, quasi un microscopio a disposizione.
“Ciò chiede nuove qualità al chirurgo – ha detto Luca Garulli – che deve abituarsi a ‘sentire con gli occhi’, proprio perché fra lui e il corpo del paziente c’è tecnologia e manca il contatto fisico. Va sviluppato un altro senso, devi fidarti si un’altra tecnologia e serve tanto addestramento”.
Numerosi i casi mostrati di sale chirurgiche connesse con il mondo, con la possibilità di far confluire sul paziente i pareri di specialisti in tempo reale.
Il passo successivo è l’ingresso della realtà aumentata in sala operatoria. La possibilità di ricreare la situazione degli organi interni al di fuori del corpo, per analizzarli e prepararsi all’intervento. Immaginate una Tac che in tempo reale proietta un ologramma sul corpo del paziente che riproduce la situazione all’interno del corpo. Le declinazioni possibili e mostrate sono tantissime e affascinanti.
Numerosissime le domande al termine della relazione, davvero efficace e in grado di restituirci un quadro delle straordinarie potenzialità che la tecnologia può offrire alla chirurgia del futuro. Accelerare questo percorso dipende dagli investimenti, dalla riduzione degli sprechi. Ma questa è un’altra storia.