Serata brillante al Club, dedicata al turismo e sul filo della cronaca, non della storia, come ha voluto precisare Aureliano Bonini, relatore su un tema che conta tanti esperti quanti gli allenatori della nazionale italiana di calcio.
Bonini è un riminese che per tutta la vita a osservato, studiato oltre che insegnato ogni tratto di quella che lui ama definire ‘industria turistica'.
“Il turismo è il fenomeno di coloro che fanno le vacanze, quelli che spendono. Quelli che organizzano e incassano rappresentano l’industria dell'accoglienza”.
La cronaca della nascita dell’industria turistica parte dal dopoguerra, in una Rimini azzerata dalle bombe e che si ritrovava alle prese con la domanda sul suo futuro. La vacanza era sconosciuta, pochi pensavano a questa opzione e Rimini nelle condizioni in cui era non pensava di poter diventare un magnete per chi stava conoscendo un nuovo modo di godersi la vita.
Una Rimini anche divisa sul tema: da una parte i comunisti al governo della città, dall’altra i democristiani arroccati fra Azienda di Soggiorno e Cassa di Risparmio di Rimini. C’era il Grand Hotel, un faro, ma era più una presenza ingombrante che un faro luminoso.
A fine anni ’40 lo domanda sorse spontanea in quelli che oggi chiamerebbero i ‘caminetti’. Mentre le macerie erano usate per ricostruire la città, ci si cominciò a chiedere se non potesse essere il turismo il volano per ripartire.
Tutto all’insegna dell’equità: tante case ma piccole e uguali; così come tanti bagnini, tutti di 36 mt di fronte con 144 ombrelloni.
Aureliano Bonini ha fissato su 10 pilastri le ragioni di un boom che diventò dirompente.
C’erano soldi, o meglio c’era la voglia di rischiare e c’era chi i soldi li prestava anche sulla parola. Sorsero 1750 alberghi.
C’era la spiaggia, profonda e bellissima come nessuno ce l’aveva nel mondo conosciuto.
C’era la posizione strategica, al centro della costa adriatica, raggiungibile e addirittura sbocco obbligato quando nel ’59 fu organizzata l’uscita dell’autostrada.
C’era l’aeroporto, attivo dal ’56, dove atterravano i charter notturni dall’Inghilterra e poi sempre di più.
Intanto l’Italia cresceva, aveva voglia di divertirsi in vacanza e Rimini era lì a rispondere per ospitare operai e famiglie per tre settimane; famiglie che quasi traslocavano in Riviera. Una domanda semplice ed una risposta semplice, in un clima accogliente e con la capacità di organizzare un’offerta organizzata come nessuno era in grado di fare, facendo sentire operai stanchi dal lavoro come dei Re serviti a tavola come certo non erano abituati.
Era facile approvvigionarsi di alimenti a buon prezzo, c’era la disponibilità al sacrificio di un lavoro durissimo, senza pause, anche se per 120 giorni l’anno. Inoltre, l’Amministrazione garantiva risorse naturali certe, come l’acqua. E poi la pressione fiscale e il costo del lavoro, con falle enormi che consentivano strade alternative molto battute.
Infine i grandi pionieri del turismo: Walter Ceccaroni, Sindaco di Rimini che consentì alla città di sprigionare (magari senza troppe regole) il suo insopprimibile desiderio di rinascita; Glauco Cosmi perché fu tra i primi a porsi le domandi sul futuro di Rimini in chiave turistica; Sisto Neri a cui si deve l’intuizione di una fiera a Rimini; Tonini e la sua Adriatur che fu decisivo per il decollo dell’aeroporto; De Donato e la sua eterna Pubbliphono sulla spiaggia; Marco Arpesella per aver restituito il Grand Hotel al suo splendore; Gilberto Amati e Gianni Fabbri che animarono le notti di Rimini; Silvano Cardellini che dalla redazione del Carlino descriveva questo dinamismo; Giorgio Paesani pioniere della destagionalizzazione coi grandi congressi portati a Rimini; Nicola Sanese all’origine di promozione Alberghiera la prima cooperativa fra albergatori in Italia; Massimo Conti che scommise forte e forzò la mano scegliendo di agevolare la famosa cultura della Coca Cola e accese Bandiera Gialla consentendole di partire con la sua attività; Giuseppe Chicchi a cui si deve la partenza di progetti quali il Palas, la nuova Fiera, il Fulgor e la darsena; Lorenzo Cagnoni per aver saputo far diventare grande la Fiera di Rimini fino alla prossima quotazione in Borsa.
“E’ un modello eterno – ha chiosato Bonini – che forse nella sua semplicità ha il segreto più prezioso e che potrebbe rappresentare anche il suo futuro. Datemi retta, piuttosto chiude prima il Vaticano di Rimini”.