INCONTRO COL FUTURO. AL CLUB I GIOVANI INDUSTRIALI DI RIMINI

03 aprile 2012   00:00  

Se la cerchi, una Rimini diversa, nuova, animata da sano protagonismo, la trovi. Ieri sera al Club ne abbiamo avuta dimostrazione e la serata con i giovani industriali di Confindustria Rimini è stata un’iniezione di fiducia nel futuro. Certo, servirebbe un passo ulteriore, dare cioè a questi (ed altri che da qualche parte si muovono con la stessa sana determinazione) le chiavi del futuro. Anche di questa città.
Poche frasi fatte, poco politichese, nessuna rendita da proteggere, il coraggio di guardare in faccia alla realtà e di dire apertamente ciò che altrimenti viene detto in retroguardia.
Per certi versi una serata sorprendente. Purtroppo.
“Abbiamo due scopi fondamentali – ha detto il presidente Alessandro Formica – che guidano la nostra attività. In primis acquisire e trasmettere l’etica dell’impresa, il fatto che non ci sono solo valori economici dentro ad un’azienda, ma anche valori di relazione che possono fare il bene della comunità. Associare l’impresa solo al margine sminuisce il nostro ruolo. C’è anche il sogno, il nostro e quello di chi lavora insieme a noi. In secondo luogo, ci interessa condividere, stare insieme e confrontare sapere ed esperienza, per sentirsi meno soli. Perché in un momento così difficile sentirsi soli è facile.
I nostri obiettivi si declinano in incontri, visite ad aziende in grado di trasferirci conoscenze, incontri nelle scuole per avere un rapporto con le generazioni prossime”.
 
Proprio l’attività nelle scuole è uno dei cardini dei giovani industriali. Lo ha ben spiegato Maria Teresa Colombo: “Non percepiamo nelle nuove generazioni segnali sul fare impresa, forse l’immagine dell’imprenditore è un po’ appannata dalle difficoltà in cui versano le aziende e il posto fisso ha il potere di una forte calamita. Quasi ci si ponesse in un atteggiamento più favorevole al ricevere che al dare. E’ una bella esperienza anche per noi, che ascoltiamo e riceviamo anche una genuina comunicazione di sentimenti. Con le ultime due classi del liceo facciamo anche una simulazione d’impresa, a partire da un’idea selezionata e verificata, poi pianificata anche alla luce del conto economico, comprendendo tutti i fattori che quotidianamente interessano l’impresa”.
 
Daniele Prioli ha portato un contributo riferito all’importanza di agire insieme agli altri, condividere dentro all’associazione anche i primi passi. “E’ accaduto a me che uscito dall’università avevo un sogno, una passione, ma poche coordinate per realizzare quanto avevo in mente Insieme agli altri si condividono conoscenze, si mette a disposizione ciò che si sa. Ecco, un errore profondo proteggere le informazioni, la differenza non è nel possederle, ma nel saperle usare. Saper condividere è il vero valore aggiunto, perché la ricchezza che si trae aiuta a crescere. Oggi offro ai miei clienti opportunità di business, che al di là di mille discorsi si traduce nel recuperare clienti là dove sono, in giro per il mondo”.
 
Infine Danilo Pretelli, imprenditore nel settore edile. “La sfida che voglio portare avanti è quella di contribuire a migliorare il clima cittadino per chi vuole fare impresa. Ho lavorato per dieci anni nell’azienda di famiglia fuori da Rimini. Ero orgoglioso della mia città e nostalgico. Ora che ci sono tornato vedo delle difficoltà ad affermare valori nitidi, è dura, troppi incroci, troppi lacci. Peccato, le opportunità ci sono, ma non c’è incentivo vero a perseguirle, quasi fosse uno staticità che alla fine però ci penalizza”.
 
Molto del dibattito che è seguito ha trasferito la riflessione sul ruolo dell’università, più o meno capace di formare persone in grado di inserirsi subito nel mondo del lavoro.
Disquisizioni su atenei pubblici o privati, chi più e chi meno ingessato da clientele e lontano dalla meritocrazia, sia fra i docenti che fra gli studenti.
S’è aggiunto il contributo del Prof. Luca Fantacci (Docente assistant presso l’Università Bocconi): “Attenzione a schiacciare troppo il ruolo dell’università sulla domanda di impiego dal mondo del lavoro. Io insegno storia dell’economia e per anni alla Bocconi, non vedendovi una stretta attinenza col mercato del lavoro, a si è un po’ defilata. Oggi che c’è bisogno di una visione ampia, di medio-lungo periodo, è tornata ad essere una materia richiesta e con ottime prospettive di occupazione”.
 

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