Solo da 11 anni l’Italia dedica un giorno dell’anno al ricordo della strage dimenticata delle foibe. Ci ha pensato il presidente Azeglio Ciampi a colmare tardivamente un vuoto che se parzialmente ci riabilita da decenni di colpevole indifferenza, o ancor peggio da un’ignobile censura storica, non può restituire molto al dramma umano di generazioni di italiani condannati alla repressione, considerati nemici di qua e di là di un confine.
Una lunga storia, nata nel 1947 quando un trattato di pace stabilì la cessione alla Jugoslavia di gran parte della Venezia Giulia (Fiume e le isole del Quarnaro), la quasi totalità dell'Istria e gli altopiani carsici a est e nord-est di Gorizia e la creazione del Territorio libero di Trieste comprendente l'attuale Provincia di Trieste e i territori costieri istriani, da Ancarano a Cittanova (oggi rispettivamente in Slovenia e Croazia). La mancata attivazione delle procedure per la costituzione degli organi costituzionali impedì di fatto a quest'ultimo di nascere. La successiva cessione del potere di amministrazione civile del Territorio Libero di Trieste all'Italia e alla Jugoslavia creò le condizioni per gli sviluppi successivi che portarono al trattato di Osimo.
Un trattato che compie 40 anni appena, utile a sancire lo stato di fatto di separazione territoriale venutosi a creare in quel Territorio, rendendo definitive le frontiere fra l'Italia e l'allora Jugoslavia.
La frase umanamente più toccante arriva sul finire della serata, pronunciata da Alberto Urizio (familiare diretto di infoibati) che ripensando alla terra espropriata insieme alle radici della sua vita, ha detto: “All’inizio ero arrabbiato, ora vorrei solo sapere dov’è sepolto mio nonno, se in una foiba o lungo un fiume, o chissà dove, per portargli un fiore”.
Non è la frase di chi rivendica un possedimento, ma di chi rivendica un affetto, una parte di sé.
Prima di Alberto Urizio l’intervento di Giovanni Ruzzier, Delegato provinciale dell'Unione degli Istriani - Libera Provincia dell'Istria in esilio.
A lui il racconto e la cruda rappresentazione degli eccidi commessi durante la seconda guerra mondiale, e soprattutto nell’immediato dopoguerra contro la popolazione italiana presente nei territori del Friuli, della Dalmazia, dell’Istria e di Fiume, dove con il crollo del regime fascista andava prendendo corpo un’altra dittatura, stavolta di stampo filo-sovietico.
Giovanni Ruzzier comincia da bambino la sua carriera di ‘diissidente’ rispetto a quanto stava accandendo. A 15 anni, prendendosi gioco della polizia, organizzava spedizioni in strada attaccando manifesti con la colla di farina, preparava palline tricolori di carta da disperdere in strada.
Finì in carcere a 15 anni per mano dell’Ozna, la polizia politica di Tito, per poi riuscire a rifugiarsi a Trieste a 17 anni e finire di nuovo arrestato a 19 anni, questa volta dagli inglesi.
Anni nei quali si visse l’incremento drammatico dei rastrellamenti e delle uccisioni, particolarmente dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, quando il Consiglio di liberazione popolare per l’Istria decise l’annessione della penisola istriana alla Croazia, istituendo, contemporaneamente, un comitato esecutivo, operativo con tribunali improvvisati che rispondevano direttamente ai partigiani italiani dei comitati popolari di liberazione. Perseguitati in Jugoslavia, profughi in Italia. Una crudeltà infinita, fatta di centinaia di condanne a morte, non solo verso fascisti, oppure oppositori politici, ma anche verso persone appartenenti alla comunità italiana che sarebbero potuti risultare nemici del futuro stato comunista dittatoriale jugoslavo, che sarà poi instaurato nel 1945, facente capo al Maresciallo Tito.
Brutalità, crudeltà, violenza, infamia, persecuzioni, torture e uccisioni. Nulla è mancato del peggio che l’uomo sa esprimere in anni che rappresentano una triste pagina di Storia italiana. Una vera e propria ‘pulizia etnica’ che ha portato al massacro di persone soltanto per la loro colpa di essere italiani e amanti della loro identità e della loro Patria. Non c’è un numero attendibile di morti infoibati. Per decenni questo dramma è rimasto solo nelle menti di chi ha visto ed è evaporato dalla testa di chi poteva far conoscere. Stime attendibili parlano di 5-7000 vittime. In questo amaro conteggio vanno inseriti non solo italiani.. Nelle foibe furono gettati anche ustascia, cetnici, soldati tedeschi e neozelandesi, criminali semplici e chiunque fosse sospettato di osteggiare gli jugoslavi.
La disputa che di tanto in tanto si accende su questi numeri, accentua ulteriormente il dolore di chi ha vissuto quegli anni terribili e poi quelli seguenti nei quali era necessario solo dimenticare.
“Oggi la giornata ci consente di ricordare – ha concluso Ruzzier – ma non è sufficiente. Bisogna raccontare, informare sulle brutalità accadute, come la mia famiglia che è stata rinchiusa per dieci anni in un luogo senza finestre. Il ricordo rende onore ai caduti, tantissimi dei quali giovani”.
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