IL CERCATORE DI STORIE
14 settembre 2011
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Gran serata ieri sera al Club. Ospite Massimo Pulini, oggi assessore alla cultura del Comune di Rimini e da molto più tempo ricercatore nel campo della storia dell’arte. Non solo, Pulini è apprezzato pittore, ha insegnato in varie accademie italiane ed è un ottimo scrittore. L’ultima sua fatica, edita da Carta Canta, si intitola ‘Gli inestimabili. Quando Raffaello e Piero vennero rubati a Urbino’.
Un racconto che narra i retroscena inconfessabili del più clamoroso furto della storia museale italiana. Un felice innesto tra romanzo e saggio, la storia del trafugamento avvenuto nel febbraio del 1975 della Muta di Raffaello e di due opere capitali di Piero della Francesca, dal Palazzo Ducale di Urbino. “Un rapimento più che una rapina – ha spiegato Pulini – per via dell’invendibilità delle opere, oggetto di una trattativa dello Stato per rientrarne in possesso, quelle trattative in pubblico ripudiate per non cedere ai ricatti (soprattutto in caso dei rapimenti di persone) e in realtà condotte a riflettori spenti”.
Al suo ultimo libro, Pulini ci è arrivato partendo da alcune considerazioni, dal suo sguardo verso la pittura che parte dal ‘fare ricerca’, quasi una esplorazione di ciò che c’è dentro al quadro e fuori da esso, di ciò che da fuori genera lo stile dell’artista e ciò che da dentro consente una lettura della realtà circostante. Anche se le letture possono essere tante, addirittura tante quante gli occhi diversi che guardano lo stesso quadro e quanti i pensieri che essi generano.
“Sono un ricercatore di storie – ha detto Pulini – perché le storie contengono le narrazioni ed ogni dipinto porta con sé un’infinità di storie. La storia di ogni quadro nasce quando lo stesso esce dall’atelier. Al quadro va riconosciuto il livello di oggetto significante, che supera l’autore stesso, un’anima che è propria della cultura collettiva che attraversa l’autore ed è comprensibile”.
A questo punto Pulini ha sterzato bruscamente verso il tema della serata, ovvero le ferite perpetrate ai danni dei quadri quando essi, per pura convenienza, vengono spezzati. Come sua abitudine, Pulini ha portato con sé una sua opera d’arte, una tela del ‘600 attribuibile a Simone Cantarini, detto ‘il pesarese’, allievo e concorrente di Guido Reni. Un quadro che è facile intuire è in realtà parte di un’opera più grande, forse una pala, divenuto commerciabile proprio per le sue ridotte dimensioni. Una sorte comune a tante opere, quelle che propongono figure ‘compiute’, ‘teste di carattere’ note nei dipinti di Reni e Cagnacci.
E qui un’altra affascinante sterzata nella relazione di Pulini: Seguire le tracce di un quadro è come seguire le tracce di un delitto. Si cercano indizi, si indagano passaggi di proprietà, si ricostruisce l’opera quando si è in presenza di una ‘ferita’. “L’arte del delitto ha riempito gli scaffali della letteratura, non è successo altrettanto nella descrizione fascinosa della ricerca storica. Forse perché il linguaggio della ricerca è un po’asettico, ma io credo che narrare la ricerca sia un modo per descrivere la realtà del contesto indagato. Significa capire il clima, ricostruire un percorso, incorniciare una fotografia istantanea. Se si affrontasse più spesso questa tematica, si riuscirebbe ad avvicinare e coinvolgere più pubblico. Il frammento di un quadro è parziale, ma lo è anche il quadro rispetto alla realtà che lo ha reso possibile. Il pittore sceglie un fotogramma, altri ne scarta, perché non provare a considerarli?”
Infine un accenno al suo nuovo incarico. “Non condivido i giudizi negativi sull’offerta culturale della nostra città, da assessore mi sono reso conto della varietà e della qualità di tante iniziative. Certo, proverò a lasciare un segno, in primis la realizzazione di spazi dedicati alla cultura. Abbiamo sale come l’Arengo e il Podestà che vanno utilizzate per questo, ad esempio generando una Galleria di arte moderna e contemporanea che manca alla città. A Rimini ci sono tanti talenti inespressi, tanti ne ho conosciuti da insegnante e vanno valorizzati. In sintesi: un segno vorrò lasciarlo e dall’ascolto arrivare anche a delle idee per il futuro. Talvolta siamo tentati dal ricondurre un giudizio sulla cultura di un territorio ad un periodo di difficoltà, quindi declinando un pensiero negativo. Invece questa è una città culturalmente viva. E non potrebbe essere diversamente, perché per fortuna la cultura va avanti anche se non è amministrata”. Affermazione, quest’ultima, che vale una grande apertura di credito verso un assessore che da più parti viene definito il ‘fuoriclasse’ della nuova giunta della città.