I gatti sono il pretesto per parlare di una strana città
qual è Venezia. Stefano Medas ci vive inaspettatamente e accresce la sua
passione per i gatti, protagonisti di una città che li ama, descritti di indole
flemmatica e d’aspetto idolatrico. Questo negli anni ’50. Ora questa
popolazione di gatti non esiste più.
Stefano Medas, autore del libro "Il gatto che viaggiava in
vaporetto" a casa ha sempre avuto almeno un gatto. E così parte dalla città
ideale per i gatti: Venezia. La mamma
gli raccontava che Venezia, quella città che conosceva solo dalle fotografie,
dove al posto delle strade c’erano i canali e al posto delle automobili le
barche, era un luogo magico per i gatti, perché lì potevano trovare tutto il
pesce che volevano e vivere tranquilli, lontani dai pericoli di ogni altra
città, accuditi con amore dagli abitanti. A quell’epoca ce n’erano ancora a
migliaia, che giravano liberi per le calli e nei campi e campielli. Poi lo
studio e il lavoro lo farà vivere a Venezia per molti anni al punto di
innamorarsene: lavorare proprio lì, a Venezia, è diventato per Stefano Medas
una dimensione quotidiana, insieme ai gatti che la popolano. Così nel libro
descrive la storia e la vita di Venezia attraverso i protagonisti che sono i gatti.
Medas rimane incuriosito, in particolare, da un bellissimo
soriano che quasi ogni giorno prende il vaporetto numero 1 per poi scendere
all’imbocco del Canal Grande. E il libro, con gli occhi del gatto, catapulta a
Venezia per ammirare i monumenti, le chiese, le calle, i bellissimi scorci di
una città che sembra appartenere al passato e a seguire questi felini che
vagano tra le vie, accuditi con amore dagli abitanti.