Per restare nel campo, caro al nostro Deca, dell’aforisma, credo che il segreto della sua straordinaria freschezza mentale possa sintetizzarsi nel celebre "non si smette di giocare perché si diventa vecchi. Si diventa vecchi quando si smette di giocare".E, ci crediate o no, si può giocare anche con le cose serie.Soprattutto se all’animus iocandi, si associa una inesauribile curiosità.Giancarlo De Carolis è non soltanto l’artista che tutti apprezziamo, l’umorista dalla penna graffiante dei tanti articoli scritti per il "Bollettino" da me diretto dal 1982 al 2001 e dell’impagabile "Mamme ai Giardini Margherita" (Raffaelli 2001). Deca è soprattutto un "Curioso della vita". La definizione è mia e spero non gli dispiacerà. Di questa impagabile dote (quella, a mio parere che onora maggiormente il genere umano) il Nostro ha fornito già, come diremmo noi avvocati, una imponente prova documentale con i tre volumetti di Aforismi e Noterelle, apparsi recentemente editi dal nostro Walter Raffaelli. Già. Perché, se ci ragionate un momento, l’aforisma altro non rappresenta che il punto d’arrivo, sintetico ed esaustivo, di un percorso culturale che soltanto la curiosità (soprattutto quella rivolta all’osservazione dell’uomo) può mettere in moto. Ed è del tutto ovvio che gli aforismi di Giancarlo, pur coprendo un vasto campo di interessi, si appuntino spesso sull’arte e sugli artisti.La curiosità di Deca per Ernst Ludwig Kirchner nasce da un vero e proprio colpo di fulmine, una sorta di innamoramento a prima vista suscitato da una mostra cui ebbe ad assistere diversi decenni orsono, e che (almeno questa è la mia impressione) continua ad ispirare le sue xilografie. Ed è proprio l’interesse nei confronti dell’uomo Kirchner, in particolare per quanto concerne la sua tragica fine, che ha caratterizzato la sua relazione al club. Il rapporto affettivo tra il relatore e il massimo rappresentante dell’Espressionismo tedesco (caratterizzato dalla esemplificazione delle forme e dall’esasperazione del colore avulso completamente dagli aspetti reali dei soggetti rappresentati in quanto inteso ad esprimere sentimenti interni) ha fatto sì che la vicenda umana dell’artista tedesco prevalesse su quella strettamente pittorica.L’identificazione tra l’artista De Carolis e il suo pittore prediletto si è concretizzata, infatti, attraverso la pressoché assenza sullo schermo delle opere del Kirchner, sostituite dalle "interpretazioni" grafiche in bianco e nero dei suoi quadri realizzate dal relatore senza possibilità di confronto con gli originali. Ma tali interpretazioni erano evidentemente funzionali a un discorso sul Kirchner di carattere più biografico che artistico. La versione ufficiale (morte per suicidio del pittore avvenuta nel 1938, in Svizzera, a 58 anni, poco dopo la mostra voluta da Hitler sull’arte degenerata) non aveva all’inizio per nulla convinto il Nostro, che nutriva al contrario il sospetto della sua uccisione da parte dei nazisti. Una indagine particolarissima da lui svolta che lo ha portato alla strabiliante scoperta di un Ludwig Kirchner di nazionalità svizzera in quanto nato in una "enclave", nonché le prove raccolte attestanti l’interesse dei gerarchi nazisti nei confronti della sua Arte, confermerebbe invece che. Kirkner si sarebbe effettivamente ucciso. Ma non, come affermano i suoi biografi, in seguito alla dissacrante mostra, nella quale veniva esposto al ludibrio popolare quale massimo rappresentante dell’Arte degenerata, bensì perché in preda alla delusione per il fallimento del suo tentativo, forse un po’ troppo ingenuo, di dipingere "alla Picasso".A dimostrazione che l’originale non tollera imitazioni, anche se d’Autore.G.B.