CRONACA MALATESTIANA - A proposito della recente presa di posizione di Papa Francesco sugli animali (per i quali ha affermato “possiamo provare compassione ma non la pietà che va riservata agli uomini”) mi è tornato in mente quel giornalista ravennate ex collaboratore della “Voce”, che in suo articolo di sei o sette anni fa li definiva “un ben organizzato cumulo di ossa nervi e frattaglie” senza anima e senza diritti e al servizio esclusivo del Re dell’Universo, l’Uomo.
Ciò, naturalmente, aderendo a una interpretazione integralista dell’Antico Testamento che l’attuale Pontefice non avrebbe condiviso, dal momento che, nel corso di un recente intervento, pare abbia aperto alla prospettiva del Paradiso anche per gli animali citando l'apostolo Paolo. Il quale, avrebbe consolato un bimbo, in lacrime per la morte del suo cagnolino, affermando che "Un giorno rivedremo i nostri animali nell'eternità di Cristo". Eventualità (ahimè!) negata invece recisamente dal suo predecessore Ratzinger, che peraltro, narrano le cronache, gli animali li ama moltissimo, a partire dai gatti e dagli uccellini.
Constatato che anche tra Papi i pareri sono discordi e augurandomi che quel bravo giornalista, allora giovanissimo, abbia rivisto, col tempo, le proprie convinzioni, mi sento in dovere di ribadire il mio punto di vista laico. Tanto per cominciare non mi pare che tra i gorilla e gli Holigans gonfi di birra e di violenza che hanno devastato Marsiglia in occasione dell’incontro Inghilterra Russia, corra molta differenza. E, a dirla tutta, trovo più Dio negli occhi puri e limpidi del mio cane che in quelli iniettati di sangue di chi brucia vive le donne.
Che siano “streghe” per la Santa Inquisizione o “preda del demonio” per lo Stato Islamico, non mi pare faccia molta differenza. Per non parlare di tutti i patimenti da noi inflitti agli animali, dalla vivisezione ai brutali sistemi di allevamento e di uccisione. Abbiamo dovuto varare apposite norme del nostro codice penale per punire ingiustificabili eccessi, creare Società per la loro Protezione onde prevenire inconcepibili crudeltà. Crudeltà ed eccessi che, inutile nascondersi dietro un dito, nascono dalle stesse radici che hanno ispirato l’articolo di quel cattolicissimo giornalista. Il quale concludeva il suo pezzo affermando che al fine di educare i nostri bambini al concetto dell’animale-cosa, senz’anima e senza diritti, sarebbe stato opportuno portarli ad assistere, con la scuola, a come da noi si uccidono i maiali.
Opposto lo spirito che anima la religione buddista che considera sacra anche la più umile forma di vita. Una venerazione che nasce soprattutto dalla credenza nella reincarnazione, per cui, a seconda del comportamento tenuto nella vita precedente, si può rinascere uomini, animali o insetti, in un ciclo di spirituale progressione che termina col ricongiungimento dell’anima personale con quella universale. Cosicchè un bambino indiano sarebbe inorridito assistendo alle stragi di lucertole, da me perpetrate a dieci anni avvalendomi prima di una fionda e poi di una micidiale carabina “Diana” ad aria compressa. Una sorta di pulizia etnica che ora mi pesa sulla coscienza. Invecchiando ho cominciato infatti ad auto-processarmi. E se il fatto di essere irrimediabilmente carnivoro mi assolve - a fatica - quale mandante dell’uccisione degli animali di cui mi avvalgo per nutrirmi, vi confesso che, oggi come oggi, mi dà fastidio perfino ammazzare, senza ragione, un insetto.
Ci devo pensare. E dunque le zanzare sì, stante l’esimente della legittima difesa. Le formiche mai. Sto perfino attento a non pestarle, manco fossi un bramino indiano. E questa mosca entrata dalla finestra, che ora, mentre batto i tasti del computer, mi ronza attorno e ogni tanto si posa sulla mia mano?
E’ solo una rompiscatole. Mi limiterò a scacciarla.
Sempre che non insista troppo, però!
Perché allora mi arrabbio.
(Ciak! Beccata!)
Giuliano Bonizzato