CRONACA MALATESTIANA: LA GUERRA DEL RUBICONE, UNA VICENDA... BOCCACCESCA
09 settembre 2013
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Avrei volentieri fatto a meno di intervenire nella nuova farsesca batracomiomachia relativa all’attribuzione del Rubicone a questo o a quel campanile. Leggo però sulla Voce (sperando che non sia vero) che la votazione festaiola del pubblico intervenuto alla Torre di San Mauro Pascoli, favorevole alla tesi Cesenate è stata presa talmente sul serio da dar luogo addirittura a una nuova sbalorditiva segnaletica “rubiconiana” dalle parti di Calisese. Per non parlare delle richieste ufficiali di “revisione” della toponomastica locale avanzate da autorevoli rappresentanti del popolo. Non posso a questo punto esimermi dall’osservare che, anche nel passato, tali comportamenti avrebbero potuto fornire succoso materiale per una “pochade” di Feydeau o di Courteline. Già nel 1500, infatti, i Cesenati, a dimostrazione che il loro corso d’acqua era il Rubicone, ricorsero a un clamoroso falso storico. Infatti “senza scrupoli di sorta ricercarono un marmo d’apparenza antico e su quello scolpirono, imitando pure i caratteri del tempo, il plebiscito, e lo esposero come autentico sulla sponda del Pisciatello” (Gino Vendemini. Aegri Somnia Ed. “Il Ponte Vecchio”pag..37). Il “Plebiscito” era, naturalmente , quel famoso Senato-Consulto che dichiarava nemico della patria il comandante che, tornando da una spedizione militare, avesse in armi oltrepassato quel confine senza il permesso del Popolo e del Senato Romano. Sbugiardati dagli archeologi del tempo, i Cesenati ci fecero una ben magra figura. Ma ce n’è anche per i Riminesi. Duecento anni dopo infatti, il nostro grande umanista Iano Planco, ”cadde nello stesso peccato dei Cesenati” (G. Vendemini ibidem). Infatti associatosi con l’arciprete di San Vito, tal Giampaolo Giovanardi preparò assieme a lui un cippo su cui fece scolpire le parole: “Huic Italiae finis quondam Rubicon” fissandolo nottetempo sulle sponde dell’Uso in vicinanza del cimitero della Chiesa arcipretale. E qui-commenta argutamente il Vendemini - “è da ammirarsi la faccia tosta del Giovenardi che lo volle proprio vicino a casa sua!”
Intanto i Savignanesi se la ridevano. E se la ridono tuttora. Non avevano, ne hanno, alcuna necessità di falsificare lapidi, cippi o indicazioni stradali. Né di citare l’autore del Decamerone facendolo passare per esperto geografo. Nè di ricorrere alle centuriazioni romane viste dall’elicottero. E ciò per la semplice ragione che il monumento di confine autentico ce lo hanno in casa da oltre duemila anni. Ed è il bellissimo Ponte Romano in marmo travertino e a tre archi che attraversa il loro ex “Fiumicino”. Giulio Cesare, pronunciando il fatale “Alea iacta est” passò proprio su quel Ponte, non grande, (circa un terzo del nostro Ponte di Tiberio) ma certamente notevole a paragone del corso d’acqua che attraversava. Un corso d’acqua che forse, al tempo, non era poi tanto modesto considerati i 26, 2 metri di lunghezza e i 6,36 di larghezza del Ponte suddetto. Un Ponte di un marmo talmente pregiato che Sigismondo Malatesta se ne portò via diversi blocchi, a beneficio del suo Tempio Malatestiano. Un Ponte superbo proprio perchè assumeva il significato simbolico di un confine. E la prova che Cesare passò il Rubicone su quel Ponte (e non certo sguazzando nel Pisciatello) ce la fornisce lo storico Romano Svetonio. “Quando raggiunse le coorti presso il fiume Rubicone che segnava il confine Cesare si fermò per un poco e riflettendo su quando stesse facendo, rivolto ai più vicini disse: “ Possiamo ancora tornare indietro. Poichè se attraverseremo questo Ponte, tutto ciò che faremo sarà fatto con le armi.” Osservo ancora che sul Ponte in questione, venne posta nel 1760 una iscrizione, con lo stemma del Pontefice Clemente XIII.in cui si affermava che era “ad undas parvi Rubiconi”. E che la “Accademia dei Filopatridi” di Savignano prese il nome di Rubiconia nel 1801. Ne consegue, contrariamente a quanto affermato da Paolo Turroni (La Voce di R. 17 agosto) che i Savignanesi hanno sempre costantemente e ufficialmente identificato il Rubicone nel loro Fiumicino e che pertanto Mussolini altro non fece che prendere atto di una situazione storicamente comprovata.
Sed de hoc satis, come dicevano i Romani quando cominciavano a rompersi i gioielli di famiglia….
Giuliano Bonizzato
MULTI-ROTARY - Distretto 2072