A PROPOSITO DI DOLORI ALLA SPALLA
18 marzo 2014
20:00
Conviviale con signore
Un passato liceale da cestista (per gli amici “Bicio”), ma forse non è questo il segreto del successo professionale del Dott. Fabrizio Campi, il mago della spalla.
Dopo due anni alla facoltà di ingegneria, affrontati e superati brillantemente, viene folgorato sulla via della facoltà di medicina, affrontata e superata sempre con il massimo dei voti.
Una anomalia curriculare – quella del biennio in ingegneria – che in ambito ortopedico conferisce metodo tecnico e approccio pragmatico tali da rivelarsi ingrediente fondamentale per i risultati di eccellenza dell’ospite di questa sera.
Che introduce la sua relazione ricordandoci che il dolore alla spalla colpisce una persona su cinque, negli Stati Uniti e la terza causa di assenteismo dal lavoro. Le patologie che colpiscono la spalla sono molto variegate ed il picco del dolore si verifica tra i 45 e i 65 anni.
Le immagini forti sulle quali il Dott. Campi si appoggia mostrano interventi in sala operatoria e immagini riprese dall’interno della spalla con il sondino.
Grazie ad un paio di filmati ripresi con la microcamera si osservano vari tipi di calcificazioni della spalla e le le fasi dell’intervento sulla patologia (interessante la fase cheese che prevede la foratura tramite un sottilissimo ago della sacca che contiene la calcificazione e la successiva fuoriuscita della stessa che ricorda il dentifricio che esce dal tubetto.
Campi definisce insostituibili la risonanza magnetica, l’artroscopia e l’esame in anestesia: senza di loro la fase di diagnosi sarebbe estremamente approssimativa.
Ma quanto tempo va dedicato al paziente? – si chiede. Tanto, tutto il necessario, anche perché capita spesso che il paziente che si presenta per un dolore alla spalla sia afflitto in realtà da altre patologie non sempre in prossimità della spalla medesima. Le visite devono essere molto approfondite ed il medico deve considerare l’età, la presenza o meno di un trauma, considerare quale sia l’attività sia sul posto di lavoro sia a casa.
Il medico deve considerare altri fattori che caratterizzano fortemente la situazione differenziandola dallo standard: se il paziente soffra o meno di diabete (maggiore rigidità, infezioni, guarigioni parziali), di epilessia, di depressione, se abbia avuto o meno interventi chirurgici precedenti.
In ogni caso il paziente va ascoltato sempre molto bene, spesso hanno ragione e danno indicazioni indispensabili anche quando sembrano “fissati” con una idea apparentemente preconcetta.
La prima cosa che va stabilità è se il problema sia meccanico o non meccanico.
Le tipologie posso essere raggruppate in tre classi, caratterizzate dalle azioni mediche possibili:
1. diagnosticare e trattare;
2. diagnosticare e non trattare;
3. casi rari che non si riescono a diagnosticare (in questo caso diventano generalmente diaagnosticabili nei 6 mesi successivi).
L’ottanta per cento dei problemi che vengono trattati hanno a che fare con la cuffia dei rotatori (uno studio giapponese dimostra che tra i 60/70 anni il 50% delle persone hanno i tendini della cuffia rotti).
I pazienti che non andrebbero operati sono i fumatori (l’effetto della nicotina è terrificante sui tendini), i pazienti afflitti da patologie sistemiche, chi fa uso intensivo di antidolorifici.
Con l’intervento si interviene sulla meccanica, che è un fatto tecnico, ma il come si guarisce dipende da fattori biologici che non dipendono dall’ortopedico.
Vita del paziente, personalità, condizioni del malato da un punto di vista dello stato sociale, della situazione familiare, della worker compensation (infortuni sul lavoro, che originano la categoria meno soddisfatta dell’intervento, forse per motivi assicurativi…) influiscono tantissimo sul livello di soddisfazione del paziente post intervento.
Le aspettative del paziente vanno soddisfatte, ma non si deve (perché non è possibile) accontentarlo a tutti i costi.
Le risposte che il Dott. Campi fornisce alla platea mettono in luce il valore della multidisciplinarità soprattutto in fase di diagnosi.
Il livello ed il numero delle pubblicazioni di questo gruppo di lavoro – che ci viene mostrato nell’ultima slide in formazione completa come una squadra di calcio nella foto prepartita – è figlio di innumerevoli sacrifici personali fuori dalla sala operatoria, ed è la prova finale del valore assoluto del team di Cattolica.
L’eccellenza, a volte, è nostra vicina di casa, a portata di mano. Anzi, di spalla.
Demis Diotallevi