La storia insegna che non insegna. Andrea Santangelo, storico militare e con tanti altri saper nel suo curriculum, è intervenuto ieri sera come relatore e soprattutto come nuovo socio del RC Rimini Riviera. Benvenuto!
La serata ha chiuso un trittico che a marzo ci ha visti
riflettere sul Covid, su ciò che ha rappresentato per le persone.
Ieri sera a tema la Spagnola, una pandemia che durante la prima
guerra mondiale è stata il primo fatto globale che abbia riguardato il mondo.
Il 4 marzo 1918 Albert Gitchell, in Kansas, si ammala: febbre,
mal di gola, e alla testa. Poche ore dopo altri 100 soldati hanno gli stessi
sintomi. E si comincia a morire per soffocamento, con acqua nei polmoni.
Al termine della pandemia si conteranno fra i 50 e i 100
milioni di morti. Realisticamente, la cifra è molto più vicina alla stima più
alta.
Nelle foto mostrate durante la serata compaiono le mascherine,
anche ad un gatto!
In Giappone, da quell’anno, non le toglieranno più quando
clima e assembramento lo consigliano.
I numeri sono impressionanti: 18 milioni di morti in India,
600mila in Italia quanti i caduti in guerra, 135mila in Austria, 138mila in
Portogallo, 200mila in Spagna, 115mila in Ungheria, 10mila in Bosnia, 257mila
in Giappone.
In Australia chiusero i confini immediatamente salvandosi
dai contagi, ma quando li riaprirono per consentire il ritorno dei soldati,
pensando di essere salvi, morirono 12mila persone.
Pochissime le zone del mondo rimaste intoccate: l’Isola di
Sant’Elena, la Palestina, l’Antartide pochissimi altri luoghi. Non esisteva una
profilassi, i governi raccomandavano igiene personale.
Anche il nome Spagnola ebbe delle declinazioni: nella
penisola iberica fu chiamata ‘soldato napoletano’, in Brasile ‘tedesca’, in
Danimarca ‘influenza del sud’, in Polonia ‘malattia bolscevica’, in Giappone ‘influenza
del sumo’, a New York e nel Connecticut ‘morbo italiano’.
Ma perché Spagnola? Quel Paese fu neutrale nella Grande Guerra e la maggiore libertà di stampa portò i media a parlarne diffusamente. Da qui il nome. Altri paesi non volevano informare i cittadini durante il conflitto e della morte di tanti soldati. C’era dialogo fra scienziati, ma i rimedi spesso rasentavano il ridicolo.
ANDREA SANTANGELO
Laureato in storia antica, ha collaborato a vari cantieri di scavo archeologico tra Romagna e Marche.
Ha diretto alcune collane editoriali e ha curato le schede tecniche dei 30 volumi della collana Grandangolo
Nell'ambito della storia militare ha collaborato con riviste
di settore ed è stato relatore di convegni e conferenze in diversi contesti di
divulgazione storica, tra cui il Festival del Medioevo di Gubbio e il Festival
del Mondo Antico di Rimini.
Le sue opere trattano principalmente di storia militare e delle vite di personaggi storici. Argomenti ricorrenti sono la seconda guerra mondiale in Africa e sulla Linea Gotica, la prima guerra mondiale e la storia militare del Rinascimento che nel 2018 lo ha visto anche esporre il campo di battaglia di Fornovo su Rai Storia in una delle Puntate di Passato e presente, quella dedicata alla discesa di Carlo VIII di Francia in Italia.
Nel 2018 con il suo libro L'Italia va alla guerra (Longanesi) ha vinto il Premio Cerruglio, premio letterario nazionale di saggistica d'attualità, per la sezione 'Storia'.
Con la scrittrice e giornalista Lia Celi ha scritto le biografie di alcuni personaggi celebri, approfondendone aspetti meno noti e sfatando luoghi comuni che hanno nel tempo alterato la loro immagine, figure come Lucrezia Borgia, Giacomo Casanova e Caterina de Medici.
Per il Resto del Carlino scrive articoli di storia e
attualità legati alla città di Rimini dove vive.
Nell'estate 2019 è andato in onda sull'emittente locale Icaro TV con le puntate della rubrica Curiosando tra la Storia.
Nel giugno 2020 una sua intervista di approfondimento è
inserita nel volume La guerra di Mussolini di Antonio Carioti e Paolo Rastelli,
nella collana Storia del Ventennio fascista pubblicata in allegato dal Corriere
della Sera.
Nel 2020 ha esordito nella narrativa con il romanzo
Ninnananna per aguzzini (Solferino) scritto con Lia Celi e finalista
all'undicesima edizione del Premio Nebbia Gialla per la letteratura noir e
poliziesca.