LA LETTURA COME CURA. LA LETTERATURA NEL LUOGO DEL DOLORE. UN PROGETTO EDITORIALE PER GLI OSPEDALI

28 aprile 2020   21:15  
Riunione n° 32-1860 - Online Link di accesso
Relatori Prof. Davide Brullo

Prosegue con successo la proposta del Rotary Club Rimini Riviera di proporre le serate sulla piattaforma online. Stasera una quarantina di persone stabilmente collegate per una serata con la relazione di Davide Brullo, scrittore e uomo di cultura. Brullo ha presentato un progetto che nasce con Alessandro Venturi, dell’Ospedale San Matteo di Pavia. E’ una realtà sanitaria di grande rilievo, al cui interno c’è la più grande biblioteca ospedaliera d’Italia.

"Diciotto mesi fa abbiamo cominciato a riflettere su cosa poter fare dentro ad un luogo così. Mancava, da qui l’ispirazione nata da Venturi, l’idea che la parola potesse avere un ruolo nella cura, all’interno degli ospedali. Tante associazioni portano la lettura nelle lungodegenze, qualcosa che da fuori pare invadere. Non un pensiero dall’interno. E’ nato un gruppo operativo perché un pensiero evoluto fosse portato avanti da un manipolo eterogeneo. E’ un modello esportabile, lì è scattata una scintilla replicabile".

Due le collane: una per coloro che sostano brevemente all’interno dell’ospedale; una seconda per lo più dedicata ai lungodegenti.

S’è dato vita anche una scuola di scrittura per gli ‘ospedalieri’ per poter raccontare la malattia, ma aperto anche ad altri. Una concezione dell’ospedale che cura e avvicina.

E’ nata una biblioteca della memoria, anch’essa esportabile, con la memoria di alcuni malati, di medici che hanno raccontato le imprese dell’ospedale, ma anche di pazienti che raccontano il loro vissuto. Ulteriore articolazione, anche un Premio di Scrittura.

"Con le parole adatte e con l’esercizio di scrittura, arriva l’ordine di ciò che si è attraversato".

La pandemia ha bloccato tutto, ma ha anche svelato che la scrittura diventa ambito di congiunzione se mette a sistema le professionalità diverse.

Un’attenzione particolare è dedicata ai bambini che lì sono ricoverati. Anche qui, non con l’intervento esterno, ma la costruzione dall’interno di una casa editrice, perché il cuore pulsante sia dentro l’ospedale.

"Gli scrittori devono sfidare il male, devono andare negli ospedali che divengono centro culturale della cura. Lì non si fanno passerelle, ma si lavora coi malati".

 

SCHEDA DI PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

Un Ospedale come Centro culturale della Cura

un Ospedale come progetto editoriale 

Il progetto. Fare dell’Ospedale un Centro culturale della Cura. In particolare, creare all’interno di AUSL, Isrr, Policlinici universitari, strutture ospedaliere una casa editrice come emblema di un progetto editoriale proprio. In sostanza: l’Ospedale crea cultura, è un motore culturale, secondo le sue specificità, il carisma. Non ‘subisce’ cultura – tramite donazioni, eventi, incontri, in formule sporadiche – ma la fonda.

Al cuore della cosa. L’idea fondamentale si centra sulla letteratura come cura e sull’azione letteraria come aiuto alla guarigione, come sollievo. La parola letteraria – ciò che rende l’uomo, uomo – sfida il luogo del dolore e della cura – l’esperienza primaria dell’uomo. Grazie alla parola letteraria, il dolore non scema, non si perde: si fa storia, valore.

Che cos’è? Una casa editrice firmata dall’istituto ospedaliero, un progetto culturale pionieristico. In particolare, il progetto si articola nella creazione di 10 libri all’anno, dal formato maneggevole (50 pagine, piccola dimensione), in due collane distinte:

La ricerca della felicità": dedicata ai classici, ai grandi libri della tradizione in una nuova traduzione;

I terapeuti": dedicata agli scrittori e ai poeti di oggi, ai protagonisti della cultura nazionale, invitati a partecipare nell’attività culturale dell’Ospedale.

Come si fa? Una commissione guidata da Davide Brullo (Associazione culturale Pangea) e da membri indicati dall’Ospedale sceglie i libri da tradurre/trattare e gli autori viventi da invitare. L’Associazione culturale Pangea si incarica di tradurre e commissionare i testi, di impaginarli, di stamparli, di creare occasioni culturali specifiche (presentazioni di libri, letture, incontri: affinché la cittadinanza frequenti e verifichi l’Ospedale come luogo del sapere e del curare) che li raccontino all’Ospedale e alla cittadinanza.

E dopo… cosa succede? I libri, in appositi distributori, sono gratuitamente offerti agli ospiti dell’Ospedale, in ricovero, nelle sale d’attesa; ai medici, agli operatori sanitari. Nella fase compiuta, il progetto editoriale contempla:

a)       Costruzione di storie originali con i bambini in lunghi ricoveri, poi pubblicate in una collana specifica della casa editrice ospedaliera;

b)      Un premio letterario rivolto a personale sanitario e ad eventuali ospiti delle strutture: i lavori migliori saranno pubblicati dalla casa editrice dell’ospedale.

c)       Una scuola di scrittura creativa.

L’eredità. I libri firmati dall’ospedale, con copyright condiviso con Associazione culturale Pangea, diventeranno un patrimonio culturale della struttura ospedaliera. Il progetto, a gittata almeno quinquennale, consente all’ospedale una Biblioteca della Cura propria, unica sul territorio nazionale. Tra cinque anni l’Ospedale, nelle sue diramazioni, avrà un tesoro di 50 libri originali. Ogni anno andranno creati convegni specifici per raccontare l’avventura culturale, la peculiarità editoriale.


Scuola editrice ‘Ospitale di S. Matteo’. Le grandi storie dei piccoli lettori

Il progetto

L’idea nasce da una considerazione oggettiva. La ‘cura’ non passa soltanto per la lettura – spesso imposta – ma attraverso la creatività; l’atto creativo che rinnova il corpo, espropriato dalla terapia. La proposta è quella di fare dei bambini gli eroi che creano il libro che leggeranno; dei ‘malati’ gli eroi che ricostruiscono la propria nuova vita, scrivendola. I libri vengono scritti dai bambini, aiutati a estrapolare i loro sogni da uno scrittore; i bambini illustrano la loro storia secondo il loro particolare genio.

La trama

Lo scrittore lavora con la classe (o le classi) incontrando i bambini (o i ragazzini) e costruendo insieme a loro lo scheletro della storia: il "genere" (fantasy, fantascienza, "giallo", realistico…), l’eroe (un drago, un robot, un bambino come loro…), il luogo (il cosmo, un castello, un giardino, la scuola stessa…), il tempo in cui si svolge l’azione e, naturalmente, l’azione. Costruire un libro insieme significa imparare a conoscere i meccanismi di una storia, l’intimità della letteratura.

In un secondo incontro lo scrittore condivide le parole che ha scritto con i bambini e ne accoglie i suggerimenti: è piaciuta la storia? Come può essere migliorata?

Successivamente, bisogna illustrare la storia: dalle singole scene alla copertina del libro. Ciascun gruppo – o allievo – lavora su una porzione della storia. Insieme, si sceglieranno le illustrazioni (la scelta è quella che dona dignità a un lavoro: divide ciò che è buono da ciò che può essere migliore) che comporranno il libro.

Infine: si lavora con l’editore per costruire il libro, fisico.

Le finalità

sviluppare la creatività dei bambini attraverso il dono della parola. Le parole, infatti, sanno costruire mondi incredibili; le parole sanno ‘curare’: quanto meglio si apprende la forza delle parole, tanto più i bambini sapranno indagare la realtà e conoscere se stessi;

sviluppare una fantasia autonoma, che si nutre della realtà. Imparare a raccontare una storia significa avere dentro di sé le risorse necessarie per una vita autentica. Non si subisce semplicemente uno "stimolo esterno" (la televisione, i videogames, la musica…), ma si è stimolati a costruire, si partecipa del mondo;

apprendere l’importanza della letteratura come fonte di conoscenza. Comprendere la struttura di una storia nei suoi rudimenti essenziali: protagonista, antagonista, aiutante, luogo di svolgimento, azione, ritmo;

consapevolezza e responsabilità. La costruzione di un libro, di un "oggetto" responsabilizza i bambini: rende loro percepibile, toccabile il fatto che le proprie fantasie possono tramutarsi in realtà. A un livello più alto (scuole elementari) imparano a rileggersi, a rivedere il proprio lavoro, scorgendone i difetti, assaporando la felicità – ma anche la responsabilità – di aver creato qualcosa di vero.

In profondità: si suggerisce una nuova forma di dialogo tra adulti e bambini. I bambini spesso posseggono una autenticità, una intuizione che gli adulti devono saper cogliere. Insomma: non bisogna vergognarsi di imparare dai bimbi. D’altra parte, i bimbi imparano che hanno bisogno di una guida. Senza l’adulto, il maestro, le loro intuizioni sporadiche, avventate, bellissime, non potrebbero trovare forma. L’adulto orienta i sogni dei bambini: insieme, si costruisce la realtà.

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