NEVIO MONACO: IL CAPITANO DEVE MORIRE

19 settembre 2017   21:00   Rimini Hotel Ambasciatori
Caminetto

Gli anni di piombo raccontati da chi li ha vissuti in prima linea, nell’arma dei carabinieri agli ordini del Generale Dalla Chiesa a Bologna dal ’74 al ’79. Quel tremendo periodo conta circa 450 vittime tra carabinieri, poliziotti, imprenditori, industriali.
Testimone e protagonista di vicende drammatiche il Tenente Colonnello Nevio Monaco, nel mirino sia dei terroristi sia della mafia, ben presente in Emilia Romagna dagli anni settanta, per soggiorni obbligati.
Si è sentito minacciato ogni giorno in quegli anni, ed è stato vittima di ben tre attentati, mentre era a capo del nucleo operativo antiterroristico del capoluogo emiliano.
Il primo a Castello d’Argile, quando brigadiere, pur essendo in permesso settimanale, localizza un furgone e mentre effettua l’ispezione, viene ucciso. I cinque che si danno allo fuga vengono intercettati, uno del commando viene arrestato e si suiciderà. Gli altri quattro vengono bloccati a Locarno quali sospetti, poi confessano l’omicidio del Brigadiere Lombardini. Estradati in Italia ritrattano dicendo che Nevio Monaco li aveva torturati e costretti a dichiarare il falso. La stampa di sinistra lo bersaglia come il torturatore nemico del popolo, da eliminare.
Il secondo episodio a Bologna, dopo la fuga di sei pregiudicati. Cinque vengono ripresi, uno in fuga si unisce a Vallanzasca. Nevio Monaco riceve una soffiata che gli dicono che in un ristorante di Modena si incontrerà  alla Baia del Re. Monaco si presenta e lo incrocia, mentre lui mette la mano alla pistola Monaco spara e uccide l’evaso, ferendo il complice. Lotta Continua accusa Monaco di averlo freddato alle spalle al ristorante mentre mangiava. Dopo l’uccisione dello studente Lo Russo di Lotta Continua da parte di un carabiniere in occasione di una reazione dei militanti ad un evento di Comunione Liberazione a Bologna. Cossiga fece intervenire i carri armati che vennero inviati per motivi di ordine pubblico per la prima volta dopo la guerra, con l’obiettivo di “liberare” l’Università di Bologna.
Il terzo tentativo viene sventato poco dopo con il recupero un baule carico di armi ed esplosivi e dei documenti contenenti le indicazioni per Nevio Monaco ed il dott. Persico, che nei piani d’azione rinvenuti nel baule dovevano essere entrambi uccisi il 23 dicembre del 1978.
In quel periodo a Bologna esplodevano anche le bombe dei mafiosi che sfruttavano l’attenzione dell’Arma per i terroristi per agire molto più indisturbati ad esempio nel business del gioco d’azzardo, che faceva capo a Francis Turatello, gangster milanese che dal carcere attraverso Angelo Epaminonda, il suo braccio destro,  che confessò poi di avere ucciso 17 persone e commissionato la morte di altri 44 individui, riusciva a gestire un giro d’affari di oltre 150 milioni di lire ogni sera, dando alla mafia una capacità corruttiva enorme tra questori, carabinieri, politici ecc.
Nevio Monaco, dopo alcune irruzioni in vari locali notturni, “sentì” che un certo Scaglione Francesco, mafioso, andava dicendo che “con me non se la cava, da 200 metri gli spacco il cranio”. Era in soggiorno obbligato a Massa Lombarda. Chiese un permesso per andare a trovare la moglie a Milano per riuscire ad avere libertà di movimento per uccidere il Tenente Colonnello Monaco.
Con l’intercettazione si evita l’omicidio e vengono arrestati decini di personaggi corrotti (a Rimini, nelle bische, in quegli anni si giocavano gli alberghi…).
Dopo questo fatto viene convocato dal Generale Terenziani da Roma che gli dice di lasciare Bologna perché era stanco di andare a funerali a Bologna di uomini delle istituzioni.
Monaco oltre che di terrorismo e attentanti si è occupato di sequestri di persona ecc.
Viene trasferito a Pesaro, città tranquilla, mai toccata da atti di terrorismo. Quindi viene trasferito a Varese ancora sul terrorismo. La moglie crolla e dice di non farcela più.
Dopo notti insonni per decidere tra famiglia e carriera, scelse la famiglia.
Pietro Calogero, artefice di una clamorosa indagine sul terrorismo, disse che “l’eversione di destra e di sinistra in Italia negli anni di piombo non ha eguali nel mondo per durata ed efferatezza degli omicidi”.
Nel libro tanti altri aneddoti e racconti di quelle vicende; il ricavato netto delle vendite sarà devoluto.
Nelle risposte alle domande finali della, dopo la relazione, tante cose non presenti neppure nel libro su altre vicende che hanno segnato col sangue storia d’Italia, tra le quali la strage alla stazione di Bologna ed il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro.
Per alleggerire il clima (tutto è relativo) sul finire, qualche considerazione d’attualità sul caso Consip, in merito al quale probabilmente se ne vedranno (e leggeranno) ancora delle belle.

Demis Diotallevi

 

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