CRONACHE MALATESTIANE: UNITI DA UN UMILE FRATE. PENNABILLI E IL DALAI LAMA

21 novembre 2016   00:00  

C’è un filo d’oro che, da quasi tre secoli, collega il Tibet e il suo Papa (il Dalai Lama) a un pittoresco centro della nostra Valmarecchia. A tessere questo filo un umile, coraggioso e colto frate cappuccino, Padre Francesco Orazio Olivieri, per tutti Fra Orazio da Pennabilli. A riscoprirlo, questo tenue filo, e a rinsaldarlo con il loro entusiasmo e passione, due malatestiani doc e cari amici: Claudio Cardelli Presidente dell’Associazione Italia Tibet e ed Elio Marini, lo studioso che dopo essersi imbattuto casualmente nella figura, ormai dimenticata, di quel frate, se ne è innamorato al punto da divenirne –attraverso una pluriventennale ricerca di documenti e notizie- lo storico più accreditato. Questi fatti, dissepolti dagli archivi, quei documenti, riesumati dove erano destinati all’oblio, potrebbero suggerire la sceneggiatura di un film. Ed io ci provo.
15 giugno 1994. Rapide sequenze di Sua Santità Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama del Tibet, Premio Nobel per la Pace, che, dopo aver ricevuto a Rimini dalle mani del Sindaco la cittadinanza onoraria, sale a Pennabilli per rendere omaggio a un caro amico e inaugurarne la lapide commemorativa posta sulla facciata della casa natale…Primo piano del Dalai Lama che parla, sotto una pioggia di petali colorati..: “Venendo quassù in questo paesaggio …vedendo queste bandierine buddiste sotto la Croce, mi sono tornate alla mente gli avvenimenti di duecentocinquanta anni fa…”. A questo punto si ode il suono (registrato in Tibet) della campana dei cappuccini tuttora custodita a Lhasa, mentre Tenzin Gyatso appare chiaramente commosso. Carrellata sulla folla, accorsa numerosa, che applaude. Dissolvenza incrociata. Assistiamo, grazie a un abile montaggio, alle vicende del nostro intrepido fraticello che, nel 1712, trentaduenne, parte a piedi dal Montefeltro, s’imbarca in Bretagna, approda in Bengala, attraversa la catena Himalayana e giunge, assieme a cinque confratelli, a Lhasa dopo tre anni di viaggio. Impressionanti le riprese dall’alto dei frati mentre percorrono a piedi impervi sentieri aperti su paurosi strapiombi, ondeggiano su esili ponti sospesi… Le successive inquadrature mostrano Fra Orazio tra i tibetani anche come medico, benvoluto al punto da guadagnarsi l’appellativo di “Lama Testa Bianca” (Maestro dalla mente pura) e la stima e amicizia del VII Dalai Lama che gli concede l’autorizzazione a edificare un convento a Lhasa…La cinepresa inquadra a questo punto il volto di Elio Marini.” – “Peraltro - afferma lo studioso- le conversioni furono davvero scarse. Poco più di venti adepti… Il convento finì abbandonato e ora non c’è più. Sopravvive solo, custodita nel più grande Tempio di Lhasa, il Jokhang, quella campana sulla quale è inciso “Te Deum Lodamus… La vera gloria di fra Orazio da Pennabilli sta nell’esempio che egli diede, precorrendo i tempi, di come possano instaurarsi rapporti pacifici e rispettosi tra religioni e culture diverse…” Ed ecco Fra Orazio frequentare la grande Università monastica di Se-Ra dove si impadronisce perfettamente della lingua e dei costumi di un popolo sino a quel momento semisconosciuto e quindi, al lume di una lucerna, nell’atto di compilare quel Vocabolario Tibetano- italiano di oltre trentamila vocaboli che, trasposto poi in inglese, rimane a tutt’oggi un testo insostituibile. (Voce fuori campo: “Un’opera destinata anche a creare un legame indissolubile tra lui e la massima autorità spirituale Tibetana, che, al suo primo rientro in patria dopo vent’anni, gli scrive affettuosamente: “Bada a te stesso e al tuo viaggio…ricorda che il nostro cuore è unito al tuo…non dimenticarti mai di noi…Il tuo libro ci ha dato grande gioia…”)
Fin qui il film. Ed ora la cronaca. Sabato 30 luglio 2005, Sua Santità il Dalai Lama visita nuovamente Pennabilli per inaugurare il monumento della copia esatta della Campana dei Cappuccini di Lhasa, su calco eseguito da Elio e Federico Marini recatisi appositamente in Tibet l’anno prima, assieme a Claudio Cardelli e Giampaolo Proni. Accanto alla campana che, lassù, sul roccione, fa sentire i suoi suggestivi rintocchi, sono stati posti tre mulini di preghiera tibetani, simbolo dell’incontro tra religioni diverse, nel segno della pace e dell’armonia tra gli uomini.
Om Mani Padme Hum…

Giuliano Bonizzato

MULTI-ROTARY - Distretto 2072